LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI – PADOVA
Penetrando nella Cappella degli Scrovegni si percepisce la rottura di una
parete. Il muro della carta dei libri, analizzata a lungo nel tentativo di carpire
qualche frammento dell’arte giottesca, si dissolve all’istante. A quel punto è
necessario sopportare il peso enorme dello spazio che non è soltanto quello
fisico della navata, ma anche quello che l’artista fiorentino inventò, sfondando
le pareti con il suo pennello più di settecento anni fa.
I secoli che ci allontanano non impediscono però l’instaurarsi di un legame
affettivo: la preparazione scolastica che ha preceduto la visita è stata come
l’ascolto di un disco prima di un concerto, come la lettura di un testo prima di
una rappresentazione teatrale.
La corrispondenza tra l’artista, le sue opere e il pubblico trascende qualsiasi
dimensione temporale ed è forse questo uno dei più potenti apparati dell’arte.
Il tempo assai ridotto all’interno della cappella appare inizialmente come un
limite, che viene però superato dall’intensità dell’esperienza; Il diaframma
della mente si apre per permettere a quanta più bellezza di tracimare e
incidere la memoria.
Le storie di Maria e di Gesù paiono raccontate per la prima volta attraverso
volti e sguardi umani, di carne, ma al contempo così sacri, di luce. In basso le
virtù e i vizi che sfociano nel maestoso giudizio universale ricordano invece la
condizione umana di perenne conflitto tra bene e male, speranza e
disperazione che sembra quasi sospendersi in un momento di mistica
contemplazione.
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